Salentu: lu sole, lu mare, lu ientu

Lu sole, lu mare, lu ientu

Sono appoggiato su un muretto di cemento che delimita la stradina che sovrasta il porticciolo di Santa Caterina.
Mi trovo in Salento, sulla costa ionica, in uno splendido borgo turistico di case bianche immerso tra i pini marittimi nella macchia mediterranea, il cui verde contrasta con i colori biancastri della roccia carsica. Il mare, sotto di me, è turchese e le sue acque sono calme quasi quanto quelle di un lago, grazie ad una leggera brezza di maestrale che rende l’aria leggermente frizzante e spazza via l’umidità.
A nord una vecchia torre saracena delimita il parco di Porto Selvaggio, un’area naturale protetta, con i suoi mille ettari di territorio dove il mare, con la baia omonima e con quella di Uluzzo, ha un impatto visivo unico.

Proseguendo, oltre la Palude del Capitano, si arriva a Porto Cesareo ed alle sue spiagge candide.
All’orizzonte, davanti a me, si staglia il panorama di Gallipoli con gli alti palazzi costruiti per ospitare il turismo selvaggio che negli ultimi anni sta portando qui fiumi di giovani, con la città vecchia, baluardo medievale costruito contro le invasioni nemiche che arrivavano dal mare a cui è stata appiccicata una più recente architettura barocca di derivazione leccese e con l’ isola di Sant’Andrea, il cui faro accompagna l’occhio pigro del turista che sulla sdraio in veranda cerca ristoro con l’aria fresca.
Gallipoli è lì, immobile, vicina nei giorni di maestrale e lontana ed offuscata negli umidi giorni di scirocco.
È facile da raggiungere, basta un quarto d’ora che rischia di diventare un’eternità nei mesi estivi, quando il turismo di massa gremisce queste coste.

La conformazione costiera forma un ampio golfo le cui delimitazioni sono appunto Porto Cesareo a nord e Gallipoli a sud al cui interno l’insenatura di Santa Caterina, compresa tra la Punta dell’Aspide e la Torre dell’Alto. Sebbene il litorale sia formato da una lunga scogliera che in alcuni tratti declivia dolcemente verso il mare, il fondale è sabbioso e non eccessivamente profondo. Mantenendo una distanza di un paio di miglia dalla costa la profondità non supera mai i quaranta metri e la monotonia della sabbia è interrotta da alcune formazioni rocciose, in certi casi lunghe anche qualche centinaio di metri, che racchiudono gran parte della vita subacquea di questo mare.
Un mare purtroppo depredato dalla pesca intensiva e poco regolamentata, che si protrae da ormai troppi anni riducendo al minimo la presenza di pesce.
Ciononostante, questo tratto di mare costudisce segreti, tesori e colori che vale veramente la pena raccontare.

Mi sono immerso in queste zone grazie al supporto tecnico e logistico di Andrea Costantini e del suo staff del Diving Service Costa del Sud di Santa Caterina.

Martedì prossimo vi racconterò le meraviglie subacquee con le immersioni di Punta Lea e della Grotta delle Corvine dove ha vissuto l’ultimo Nehandertaliano.

👌