Il battesimo del mare – 2a parte

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Arianna Colombo è un top manager milanese in vacanza in una sperduta isola del Mediterraneo che ha deciso di provare l’ebbrezza del battesimo del mare, o Discovery Scuba Diving o Try Scuba o semplicemente la prova subacquea.
Riccardo, istruttore capellone, bello e dannato, superficiale ma intrigante, svogliato ma molto preparato la sta portando a passeggio in un’immersione in un bacino delimitato con l’acqua cristallina.

Iniziamo a pinneggiare lentamente, Riccardo mi tiene delicatamente per un braccio, senza essere invasivo ma dandomi la giusta sensazione di sicurezza. Davanti a noi gruppi di pesciolini colorati formano disegni simili ad una nuvoletta che poi magicamente si dissolvono lasciando dei puntini colorati sparsi nello sfondo del blu. Dalle rocce spuntano una miriade di fiorellini gialli ed arancioni. Alcuni pesci, di colore bruno con delle macchioline gialle, escono timidamente dalle spaccature per poi scomparire improvvisamente.

Ora il vichingo mi lascia sola e finalmente posso decidere dove andare. Inizio a muovere le mie pinne verso quel tratto di mare dove non ci sono rocce o scogliere. Pinneggio sempre più forte, alla ricerca della libertà. Ad un certo punto mi fermo e cerco di voltarmi alla ricerca del mio istruttore. Per la prima volta non lo trovo al mio fianco. Improvvisamente il cuore inizia pulsarmi velocemente, mi giro e mi rigiro su me stessa. Il peso della bombola vince il mio precario equilibrio e mi ribalto a testa in su. È passato un secondo, o forse meno, quando Riccardo mi recupera mentre sono sdraiata sulle rocce. Mi aiuta a ritrovare la posizione ed insieme riprendiamo a nuotare. L’ultima volta che mi ero sentita così sola da provare panico fu quando mia mamma tardò qualche minuto nel venire a prendermi all’uscita della scuola. Trovarmelo lì, con la sua muta dai braghini corti, che evidenzia la sua gamba muscolosa ed il suo tribale, mi procura un senso di sicurezza misto ad un non so che di piacere.

Ci ritroviamo in un punto dove il fondale è composta da grossi massi levigati. Il mio istruttore mi invita ad inginocchiarmi sul fondo. Capisco che è giunto il momento di provare gli esercizi che mi ha spiegato prima di entrare in acqua. Prima li fa lui, con molta calma, quasi al rallentatore. Poi si avvicina a me, mi sfiora con la mano e mi invita a replicarli. Tolgo di bocca l’erogatore facendo le bollicine, come lui mi ha insegnato, e poi lo riprendo assicurandomi di averlo spurgato dall’acqua che inevitabilmente è entrata mentre facevo l’esercizio. Poi lo tolgo di bocca, lo abbandono e recupero quello di riserva, piegandomi leggermente su un lato. Sto prendendo fiducia e la mia autostima va a mille, esattamente come mi capitava vent’anni fa quando fresca di laurea mi facevo timidamente strada nel mondo delle fusioni e delle acquisizioni. Riccardo ad ogni esercizio si congratula con me dandomi un leggero pugno sulla spalla. Il suo modo per dirmi “brava, ragazza!”

Dopo un’oretta sono di nuovo sul terrazzo del centro immersioni e sto cercando disperatamente di togliermi questa maledetta umida. Il vichingo mi aiuta con quell’aria strafottente. Quando finalmente riesco a liberarmi dalla morsa della muta, con i capelli arruffati, il costume mezzo slabbrato e le chiappe marchiate a fuoco dall’effetto della pressione mi avvolgo tremante nell’asciugamano. Lui ha ancora la muta addosso e sta fumando un’altra sigaretta. Vedendomi in quello stato mi invita a farmi una doccia calda.

Esco da quel bagno lurido con un bel teporino addosso. La sua voce sicura mi richiama perentoriamente all’ordine: “prima di passare in reception a pagare vieni un attimo qui!”
Non un “cazzo di per favore”, nemmeno un “scusa Arianna potresti venire un attimo qui”. Un tipo così a Milano da me si beccherebbe un sonoro vaffanculo. Ma qui il rapporto è diverso e per la prima volta nella mia vita mi trovo di fronte ad un uomo in posizione di inferiorità. Vado da lui come un cagnolino intimidito, con un brivido che mi pervade il corpo. Ho addosso un asciugamano fradicio, cammino come una papera su quel pavimento bagnato, i miei capelli sono spettinati e non ho un filo di trucco.
Mi fa accomodare sulla stessa sedia di prima a fianco dello stesso tavolaccio arrugginito, in mezzo alle mute stese.
Inizia a farmi i complimenti sulla mia prestazione subacquea focalizzandosi sulla mia acquaticità e sulla sicurezza con la quale ho affrontato gli esercizi. Quando evidenzia, qua e là, qualche piccolo errore, mi spiega immediatamente i motivi per i quali sia giusto correggerli. A quel punto mi invita a tornare nel pomeriggio per una seconda sessione durante la quale avremmo approfondito gli argomenti teorici e ci saremmo immersi insieme ad una profondità maggiore al di fuori dell’area delimitata dalle boe.
Il vichingo ci sa fare anche con quei rudimentali strumenti di marketing che gli hanno insegnato.
Io ormai sono così in balia delle mie emozioni che accetto il suo invito.

È inutile che vi racconti che in quella settimana ho fatto il corso Open Water, trascinando a forza anche la mia amica sconsolata. È inutile che vi racconti che una sera ho trovato il vichingo al bar di fronte e ci siamo bevuti un paio di birre e che complice la luna piena che si specchiava nel mare abbiamo fatto il bagno nudi.

Sono passati più di vent’anni da quell’estate. E ogni vacanza l’ho pianificata per fare delle immersioni. Mi sono immersa in tutte le parti del mondo, con gli squali martello in Sudan e con i toro alle Bahamas. Ho visto le più belle barriere coralline del mondo ed i più interessanti relitti del Mediterraneo. Ho preso tutti i brevetti e tutte le specialità possibili.

Cinque anni fa, in un pomeriggio d’inverno, ero seduta alla mia scrivania. La banca per la quale stavo lavorando non solo non faceva più acquisizioni ma stava addirittura per essere acquisita. L’amministratore delegato con il quale avevo lavorato per far diventare l’istituto di credito un colosso europeo se ne era andato con una buonuscita milionaria. Ed io iniziavo seriamente ad aver paura che per me non ci fosse più posto. Fuori stava diventando buio e si stava alzando la nebbia. Sul muro di fronte era appesa una fotografia, scattata qualche tempo prima in Madagascar, che mi riprendeva insieme ad una meravigliosa tartaruga di mare.
Mi misi al computer ed iniziai a scrivere le mie dimissioni.

Oggi vivo in un paradiso e mi occupo di subacquea.

Buone bolle.
Arianna

👌