Faccia a faccia con gli squali di Roatan

Cara a Cara, Face to Face. Faccia a faccia con gli squali di Roatan.

Partire da casa, per fare immersioni con gli squali di Roatan, in una notte di fine dicembre, con piumino e berretto di lana, ed arrivare ai Caraibi con il sole ed il cielo azzurro è un’emozione che, secondo me, vale la pena di provare almeno una volta nella vita.
Lasciare Torino ancora addobbata dalle luci natalizie e trovare, nella hall degli arrivi dell’aeroporto locale, un gigantesco abete natalizio decorato ed illuminato secondo la tipica tradizione nord europea è davvero stupefacente.

Sono a Roatan, la più grande e conosciuta delle Islas de la Bahia, le Bay Islands di fronte alle coste settentrionali dell’Honduras, nel meraviglioso Mar dei Caraibi, dove incontrerò il predatore del mare, lo squalo. Roatan è una sottile striscia di terra ricoperta da foreste vergini e vegetazione lussureggiante e contornata da spiagge di sabbia bianca finissima che si affacciano sul mare turchese.

Pare che questo arcipelago sia stato scoperto da Cristoforo Colombo durante la sua quarta spedizione nelle Indie Occidentali e successivamente sia passato sotto il dominio delle maggiori potenze europee del periodo: Portogallo, Francia, Gran Bretagna e Spagna.
Ma quest’isola deve la sua fama principalmente al fatto di essere stata il covo dei pirati ed in particolar modo al famigerato Capitano Morgan, un corsaro gallese che, al soldo della corona inglese, nella seconda metà del XVII secolo imperversò su questi mari prima di essere deposto dalla flotta spagnola.
In tempi più recenti la fama di Roatan si è invece legata al suo mare ed alla sua barriera corallina che ha permesso a queste zone di essere tra le mete preferite dei subacquei, in particolar modo provenienti dagli Stati Uniti.
Ai giorni nostri, in Italia, la sua popolarità è ai massimi livelli perché da queste parti si sta svolgendo l’isola dei famosi, reality show che sta permettendo a tutti di scoprire le meraviglie di questo paradiso.

Mi accorgo ben presto che qui vive una nutrita colonia di italiani. Sono mediamente sulla quarantina e si sono stabiliti qui più o meno da vent’anni. Alcuni lavorano nell’ambito delle costruzioni ma la maggior parte di loro è impegnata nei servizi ricreativi e turistici.
Io soggiornerò a Las Rocas un piccolo ed intimo resort direttamente sulla sabbia bianca della famosa spiaggia di West Bay, una delle località più gettonate dell’isola. È gestito da due simpatici signori napoletani che partirono dall’Italia poco più che ventenni in cerca di avventura e con una sana e innata vocazione imprenditoriale. Hanno fatto i baristi, hanno gestito pub e ristoranti prima di intraprendere con successo il loro sogno. Sono qui da tanto tempo, hanno messo su famiglia e possiedono una bella villa in stile caraibico direttamente sulla spiaggia. Ma non hanno dimenticato l’ospitalità e la simpatia tipica partenopea.
Dentro il villaggio, al centro del giardino tropicale, c’è un piccolo diving center, affiliato PADI, con il quale mi accordo per immergermi e scoprire la barriera corallina. Guarda a caso anch’esso è a gestione italiana. Lei è una ragazza pugliese, bionda e solare, e anche lei ormai vive qui da parecchio tempo e si è sposata con un honduregno che adora l’Italia e tifa per il Milan. Hanno due meravigliosi bimbi con la pelle scura, i capelli ricci e gli occhi azzurri.

L’isola di Roatan è circondata per due terzi dalla barriera corallina. I suoi reef sono intatti e popolati da una enorme varietà di specie. In tutto farò 15 immersioni tra immensi giardini di corallo e spettacolari pareti che scendono vorticosamente sulla sabbia bianca.

Ma io voglio incontrare gli squali.
Sul mio cammino trovo un altro italiano. Stessa storia, stesso background. Anche lui se ne è andato dall’Italia da ragazzo e anche lui ha sul suo curriculum qualsiasi tipo di mansione richiesta per un bar, un pub o un ristorante.
Anche Maurilio è napoletano ma ben presto lui è stato attratto dal mare. Diventato istruttore subacqueo, dopo la solita gavetta, si è specializzato nelle immersioni con gli squali ed ha aperto un centro che fa da collettore di subacquei provenienti dagli altri diving center dell’isola appositamente per provare questa esperienza.
A Roatan è diventato un mito perché porta da mangiare agli squali, li attira e li fa ammirare ai suoi clienti.
Maurilio è molto scrupoloso. I suoi briefing sono dettagliati, precisi e non lasciano nulla al caso. Racconta minuziosamente che cosa capiterà sott’acqua: lui porterà con sé un secchio chiuso con del pesce di ottima qualità in un tratto di mare, a venti metri di profondità, su un vasto pianoro di solito frequentato dagli squali. I subacquei si dovranno disporre in fila, con la parete alle loro spalle, e potranno assistere ad uno spettacolo adrenalinico.

Alcuni desistono, io invece comunico che sono lì per fotografare e filmare. Insomma non ho intenzione di rimanere immobile con le spalle al muro senza portare a casa un ricordo indelebile.
Siccome Maurilio ha l’abitudine, per aumentare la sicurezza, di organizzare piccoli gruppi riesco a convincerlo facilmente e pianifico quindi di rimanere in disparte per riprendere questo spettacolo. Prometto di non usare il flash e di non avvicinarmi troppo agli squali. Sono sicuro che una delle due promesse sarà infranta.

Il sito di immersione si chiama Cara a Cara, che in spagnolo significa faccia a faccia. Il faccia a faccia sarà con lo squalo.
Si trova in mare aperto ad un paio di miglia dalla costa sud dell’isola. Il viaggio in barca è lento, tra i miei compagni si respira un’aria tesa e sui loro volti leggo preoccupazione. Approfitto del tempo per preparare la mia attrezzatura e per prepararmi emotivamente.
Sul fondo qualche squalo gironzola pigramente attorniato da grandi cernie e ricciole. Sono del tutto disinteressati dei subacquei che lentamente iniziano a prendere posizione, uno a fianco dell’altro, come previsto dal briefing. Dai baffi dei loro erogatori esce una grande quantità di bolle. Il loro ritmo respiratorio è alto, sintomo di ansia.

Dopo un po’ Maurilio apre il barattolo e si scatena l’inferno. Gli squali si avventano sul secchio con una forza inaudita, una voracità famelica ed una velocità spaventosa. Si disputano lo sparuto pranzo a colpi di muso e di pinna. Poi piano piano iniziano a volteggiare intorno, come se nulla fosse successo, e come di incanto la situazione si placa.
Ammiro questi meravigliosi esemplari. Sono Carcharhinus Perezi, squali tipici delle coste americane dell’Oceano Atlantico. Hanno pinne scure senza particolari macchie e possono arrivare anche ai tre metri di lunghezza per un peso che varia dai sessanta ai settanta chili. Il dorso è grigio scuro ed il ventre è biancastro. Sui fianchi hanno una fascia più chiara.
Risalgo per ultimo, quando anche gli squali hanno abbandonato il terreno di caccia. Sul plateu è rimasta qualche grossa cernia che approfitta tranquillamente degli avanzi.
Rifarò questa esperienza due giorni dopo.

È passato qualche mese, i gonfiori ed i pruriti causati dai mosquitos sono spariti. Ho abbondantemente smaltito i postumi del fuso orario e la mia abbronzatura, che tanta invidia aveva provocato al mio ritorno in ufficio, è del tutto scomparsa.
Sono sdraiato sul divano di casa e pigramente sto facendo zapping con il telecomando della mia televisione.
La mia attenzione viene catturata da un servizio giornalistico per la trasmissione “Chi l’ha visto”. I familiari di un subacqueo napoletano che lavorava a Roatan stanno cercando notizie. Si chiama Maurilio e fa immersione con gli squali. Pare che si sia volatilizzato nella foresta insieme ad un amico, anch’esso italiano. Non si hanno tracce di loro da qualche tempo.

Leggi l’articolo La Stampa Gli italiani perduti nell’isola dei pirati

Nei giorni successivi ho provato a mettermi in contatto con uno dei due titolari del resort presso il quale ho soggiornato. Si conoscevano, erano amici di vecchia data.
Dopo qualche tempo una laconica risposta mi diceva che Maurilio non era più ricomparso. La mail era molto vaga non conteneva alcuna spiegazione sull’accaduto. Solo qualche piccolo riferimento alla malavita locale. L’amico concludeva sperando di ricevere un giorno una cartolina da qualche parte del mondo, da parte sua.
Ho conosciuto Roatan da turista ed ho avuto la fortuna di viverla in modo più intenso, frequentando questa colonia di italiani che spesso mi ha invitato a cena o a pranzo a casa loro. Ho degli splendidi ricordi e non ho mai percepito l’idea del pericolo.
Probabilmente ho sottovalutato che si trova in America Latina, in una zona dove le disparità sociali sono evidenti e dove comunque vige purtroppo ancora la legge del più forte.

Mentre ero sott’acqua, ammaliato dal vortice di questi squali, con una carica adrenalinica spaventosa, ho pensato a quanto fosse rischioso il lavoro di quest’uomo. Avrei creduto più plausibile che finisse mangiato da uno di loro piuttosto che essere risucchiato dalla foresta.

Era l’inverno del 2010.

Queste sono le immersioni che ho annotato sul mio logbook:

West End

  • El Aquila wreck (2 volte)
  • Pillar coral (2 volte)
  • Blue Channel
  • Dixies

West Bay

  • West end wall (2 volte)
  • Mandy’s eel garden – night dive (2 volte)
  • Hole in the wall (2 volte)
  • Turtles crossing (2 volte)
  • Pablo’s place

Sandy Bay

  • Cara a cara (2 volte)

👌